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  • Leonardo Cersosimo

“SI POSSONO PREFERIRE LE CATENE ALLA LIBERTA’?”


Max Di Bono torna in scena con lo spettacolo “Intermittenze”, pièce teatrale che nel Giorno della Memoria 2024, anniversario dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, ha coinvolto gli alunni del Liceo Fardella-Ximenes in una rappresentazione che, fra riflessione e provocazione, punta tutto su introspezione e studio psicologico di totalitarismo e violenza.

Lo spettacolo coglie l’occasione del Ricordo della Shoah per offrire riflessioni sui concetti di democrazia, libertà e assuefazione a violenza e sopraffazione attraverso un dialogo che, in realtà, prende quasi i caratteri di due monologhi incrociati degli unici personaggi sulla scena: il dittatore per eccellenza, l’emblema del dolore, Adolf Hitler, e colei che dall’olocausto è stata resa solo un numero, una ragazza ebrea. “Io sono soltanto una dei 6 milioni di ebrei uccisi. Sono la matricola 26947”. Una frase, un personaggio che incarna il dolore del singolo, della solitudine davanti ad un sistema di violenza e distruzione.

La pièce ci fa vedere il totalitarismo e la democrazia da un particolare punto di vista, soffermandosi sulla fragilità della democrazia e sulla necessità da parte di ognuno di sforzarsi per il mantenimento della stessa, ma punta anche l’attenzione sui caratteri meno visibili e più profondi della dittatura: dietro a un regime c’è un certo modo di pensare, di vedere le cose, e c’è soprattutto la convinzione di essere dalla parte del giusto. Inoltre, la caduta della democrazia e la transizione nella dittatura non è un salto improvviso, è un lento scivolare nell’assuefazione, nello smarrimento fino ad arrivare a ciò che consolida i regimi, ovvero il paradossale “desiderio delle catene” e alla volontaria sottomissione al dovere. Lo spettacolo affronta tutti questi punti da un lato con una impressionante scrittura e scelte di dialogo e di trama, dall’altro con l’abilità degli attori. Tutto ciò con rilevanti richiami all’attualità che fanno comprendere quanto contemporaneo sia il messaggio. Assistiamo infine a un capovolgimento dei valori che crediamo fondamentali: la libertà è un peso e questo peso è dato dalla responsabilità. Il dittatore alla fine è liberatore, perché solleva i suoi sottoposti dal peso della responsabilità. Questa la tesi di Hitler.

Ma non è tutto buio: lo spettacolo offre anche l’immagine della resistenza, dell’impegno, della luce. La matricola 26947 si affida al prossimo, al futuro, a tutti quelli che sono pronti a difendere la democrazia e la libertà, lei è una storia, non solo un numero e così ognuno di noi. Perché se è vero che per mantenere vivo il rischio del totalitarismo basta un fedele, un sottomesso, un ignorante, un disinteressato, dall’altra parte c’è una moltitudine che nella scelta intima e introspettiva fra libertà e obbedienza ha deciso per la prima. Grande contributo in questa scelta è dato dalla cultura, alla quale mai si deve rinunciare; la ricerca della verità è la chiave per il mantenimento della libertà.

Lo spettacolo è anche un’esperienza sensoriale, che con musiche, suoni, coreografie ed effetti visivi vuole rendere partecipe il pubblico, che con la scelta di una rappresentazione statica e quasi didascalica rischia forse di rimanere non del tutto coinvolto. Particolarmente d’effetto le maschere e la “danza macabra” messe in scena dalle due abili ballerine presenti, a rappresentare in scena non solo i demoni della dittatura, ma anche i demoni della mente di Hitler. Il dittatore viene infatti raccontato anche su un piano personale, narrandone l’infanzia infelice e le carature psicologiche in un’analisi che arricchisce lo spettacolo, ma forse incontra un po’ di difficoltà nel coniugarsi col resto delle tematiche.

In conclusione, “Intermittenze” è uno spettacolo riuscito e che offre profondi spunti di riflessione, tanto psicologici, quanto morali e culturali, ma che forse potrebbe avere un impatto più forte con qualche accorgimento sulla coesione della trama e sulle modalità teatrali con cui si presenta al pubblico.

 

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