Primo Levi scrisse: “Chi dimentica il proprio passato è condannato a riviverlo”; è per questo che ogni anno, il 27 Gennaio, giorno in cui i sovietici liberarono gli ebrei rinchiusi ad Auschwitz, si celebra la giornata della memoria.
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Ogni giorno dovrebbe essere il 27 gennaio, non solo per commemorare le vittime di questi crimini contro l’umanità, ma soprattutto per educare tutti, ed in particolar modo i più giovani, a riflettere sulle grandi tragedie umanitarie sia passate che presenti. Ovviamente malgrado ogni lezione, video, testimonianza, possa contribuire al rinnovamento della memoria, è difficile capire a pieno la sofferenza vissuta dalle vittime della SHOAH. Ma se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.
Bisogna infatti conoscere e divulgare i soprusi e le crisi umanitarie di ogni tempo per evitare a tutti i costi che riaccadano, perché per quanto l’umanità dovrebbe imparare dai propri errori, ahimè non è sempre così.
Ancora oggi purtroppo esistono campi di concentramento sparsi in tutto il mondo: Cina, Libia, Corea del Nord, Bangladesh e perfino in Australia. In questi posti migliaia di persone sono rinchiuse e uccise, costrette ai lavori forzati e malgrado tutto, nessuno sembra ricordarsi di loro.
Tuttora 16.000 persone sono rinchiuse in un campo, con temperature rigidissime, senza nulla e in pessime condizioni igienico sanitarie. Sembra di parlare dei campi di concentramento, ma in realtà parliamo dei centri di accoglienza in Bosnia, che accolgono i migranti fuggiti dalla recente guerra in Turchia. Molti di loro tentano di attraversare i confini, ma vengono amaramente puniti dalle forze dell’ordine e i pochi che giungono nelle città limitrofe al campo, vengono allontanati ed emarginati. Ovviamente tutto ciò è dovuto alle rigide norme di sicurezza dell’UE, che sta facendo il possibile per “aiutarli a casa loro”, ma come si evince da alcune immagini e dai servizi di approfondimento giornalistico, la cosa è infattibile. Lo scenario è tristemente umano e del tutto consueto, perché la violazione dei diritti umani, le guerre illegali e l’iniquità dei governi sono realtà fattuali.
Come diceva Martin Luther King: “Abbiamo imparato a volare come uccelli, abbiamo imparato a nuotare come pesci ma non abbiamo imparato a vivere come fratelli”.
Il 27 gennaio dunque non dovrebbe essere solo un giorno di commemorazione e di riflessione storica, ma anche un’occasione per dar voce e spazio a tutte le vittime del moderno e silenzioso olocausto.
Fino a quando l’uomo replicherà questi oltraggi sarà necessario ripercorrere sempre gli stessi avvenimenti nella speranza di un’umanità più solidale, nella speranza che la violenza e la disuguaglianza diventino un lontano ricordo.
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