CHI VIENE DA FUORI NON LA CAPISCE, MA CHI VI E’ DENTRO NON LA SPIEGA
Venerdì primo aprile la nostra scuola ha avuto il piacere di ospitare due giornalisti professionisti: Mariza D’Anna e Marco Bova: L’interessante incontro si è svolto alla presenza di un gruppo di alunni formato dai partecipanti alla redazione del Giornale FX ed altri. Tanti i temi affrontati, ma uno in particolare merita ulteriore approfondimento e si tratta dell’immagine della Sicilia al di fuori di essa (ma anche al di dentro). “Al di fuori” inteso nel resto d’Italia e all’estero.
Non c’è dubbio che frequentemente la Sicilia non venga né capita né raccontata con esattezza, spesso troppo ancorata a stereotipi e caratteristiche del passato (soprattutto all’estero). La Sicilia è infatti conosciuta principalmente per mare, mafia, storie di dotti che visitarono l’isola nell’800 e una pseudocultura fatta di carretti, pupi, cibo, pale di fico d’India, contadinelli e colori sgargianti. Al tempo stesso, all’interno, la Sicilia è impantanata in isolazionismo, rassegnazione, una certa dose di arroganza e un’atmosfera di torpore basata sulla convinzione che chi non è siciliano non potrà mai capire del tutto l’isola, sul disinteresse, sulla credenza che alla fine quanto si conosce all’estero sia sufficiente, ma anche contraddittoriamente basata su critica, rabbia e insoddisfazione. Esempi di tale paradosso: ci si lamenta di quanto sia stereotipata la Sicilia e poi nei negozi si propinano ampie collezioni di souvenirs basati sulla mafia raccontata da “Il Padrino”, (quasi fieri di questa eredità) oppure sul rifiuto di ogni apertura al pubblico e spinta alla correzione delle inesattezze. Risultato? La Sicilia è amatissima nonostante tutto, ma anche molto fraintesa. L’esempio lo fa Marco Bova, che cita il Guardian (importante giornale internazionale) che 3 anni fa sbandierava la definitiva capitolazione della mafia. Sappiamo che la verità è ben diversa.
Se invece guardiamo al resto d’Italia la situazione è diversa. La Sicilia è naturalmente più conosciuta e compresa. Ma è spesso trascurata o ricordata più per gli aspetti negativi che per altro. Giornali e notiziari ne parlano di rado e, quando se ne parla di più, è per raccontare storie di criminalità, corruzione, arretratezze e disfunzionalità. Queste e altre notizie spesso condite di superficialità e stereotipi. Sembra che, a parte qualche eccezione, non succeda altro. E’ vero che negli ultimi anni la percezione della Sicilia è cambiata in meglio, ma rimangono dei problemi.
Il problema però è che questa lontananza dalla verità e dal resto d’Italia non innesca il desiderio di correggere e far valere la Sicilia, ma porta a rassegnazione e rancore. Forse sarebbe utile riflettere sul fatto che, se da fuori non si riesce a capire la Sicilia, sarebbe il caso di farlo capire da dentro. Ma la verità forse è che in Sicilia spesso non si comprende né la propria condizione né la direzione da seguire né cosa potrebbe essere positivo quasi quanto all’estero. D’Anna e Bova facevano notare, ad esempio, che la Sicilia (anche il Meridione) è sprovvista di giornali e canali d’informazione riconosciuti a livello nazionale. L’impegno sarebbe quello di scrivere una nuova identità regionale fatta di verità e onestà, che faccia uscire la Sicilia da questo torpore e la porti a proiettare un’immagine accattivante di sé tanto sull’isola quanto al di fuori di essa, un'immagine veritiera, dinamica, che fa del passato e della storia punto focale e di orgoglio, ma che guarda al presente e al futuro.
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