Uno dei valori su cui qualsiasi elemento della società odierna pretende di sostenersi, è la credibilità.
Da sempre protagonista dei rapporti tra apparati politici e masse democratiche, tra confessioni religiose e comunità di fedeli, tra aziende e acquirenti, la credibilità raccoglie numerose ramificazioni semantiche e concettuali che trovano applicazione in qualsiasi aspetto di una convivenza pacifica.
Infatti questa qualità che rende fiero chi la possiede ed è in grado di applicarla secondo un uso coscienzioso e moderato deve necessariamente avere una doppia valenza relazionale per esistere e non scemare nel tempo: da un lato la pazienza, la voglia di mettersi in gioco, di aprirsi ad un dialogo di sostegno reciproco e la serietà nel perseguire con razionale creatività gli obiettivi preposti e richiesti; dall’altro l’abilità a saper mantenere salda la propria fiducia verso gli altri e attirarla a sé.
Proprio la fiducia è il punto cardine di un canale credibile e sinonimo di maturità.
Ma siamo realmente sicuri del fatto che la nostra fiducia debba essere riposta in qualcuno solo perché protagonista per il momento di una approvazione collettiva?
Ebbene, rispecchia l’esatto contrario della credibilità chi ostenta la propria popolarità, ottenuta misteriosamente o in modo non meritato, per affermarsi tra modelli sani oppure ritenuti degni di seguito con grandi capacità persuasive e di manipolazione, ma con un successo a breve termine, instabile e fondato su basi essenzialmente inconsistenti.
C’è da dire che nelle articolate correnti di pensiero del mondo attuale è fiorita, nell’ambito di un anonima omologazione delle masse popolari all’interno di ristretti , quando non apparenti, regimi democratici, una forte tendenza a perdere la speranza in qualcosa o in qualcuno che potrebbe realmente rivelarsi di conforto e di aiuto per dar spazio all’egoistica convinzione secondo cui credibili siano solo le proprie personali rimostranze, sebbene infondate o solo presunte.
Può accadere di chiederci perché, ad esempio, le organizzazioni di stampo mafioso siano così alimentate e sostenute con atteggiamenti omertosi da una non piccola porzione di cittadini.
Forse la soluzione risiede nel fatto che ancora molti non sanno o non vogliono scindere la componente trasparente, dunque credibile e onesta anche se più lenta, della società da quella grigia, soltanto perché questa fornisce delle risposte spesso più immediate.
Ma qui entra in gioco anche l’opportunità o l’opportunismo.
O che i riscontri siano negativi o non lo siano, il soggetto mafioso opera 365 giorni su 365 sul territorio, a differenza di un semplice politico, disponibile il più delle volte in occasioni elettorali per pochissimi mesi, cambiando anche numero telefonico la vigilia delle elezioni.
Diciamo che si è generato a macchia d’olio un forte malcontento popolare che giustamente da determinati punti di vista avrà le sue ragioni; tale caratteristica si evince infatti maggiormente e manifestamente in ambito politico.
Anche una comunità come la Chiesa sembra soffrire una carenza di credibilità:
Difatti tiene ancora stretti quei fedeli della generazione precedente che erano soliti affidare alla Provvidenza buona parte del proprio destino e dei propri progetti, non accogliendone di nuovi.
Oggi si assiste ad un aumento esponenziale di ateismo e di rifiuto nei confronti della tradizionale devozione religiosa.
I più daranno come motivazione le continue notizie di decadenza morale e spirituale di alcuni soggetti della collettività ecclesiastica, preferendo dunque abbandonare quella che è ormai vista come un’imposizione ai bambini da parte del mondo adulto.
Nulla di criticabile: non a caso uno dei principi della fede cristiana è il libero arbitrio.
La Chiesa può risultare credibile a seconda del concetto di fede che ognuno possiede. A mio giudizio, tuttavia, la Chiesa non ha perso la sua “credibilità”, ma è la svolta generazionale e sociale che sta rifiutando un contatto con essa.
È inevitabile considerare come ognuno di noi sia soggetto a cadere in contraddizione facilmente, perché ancora fortunatamente umano.
Ed è cosa tutt’altro che semplice restare in linea con i ragionamenti fatti, in quanto la società è in continua e forse precipitosa evoluzione; dunque è umano cambiare opinioni, perché costretti a volte dalle circostanze, e deludere improvvisamente chi poneva in noi delle aspettative, talvolta piuttosto alte.
In questi mesi ne abbiamo la prova più che evidente: le correnti negazioniste, oltre che da mancanza di rispetto e di amore per la vita, sono mosse, potremmo dire, da sfiducia verso le Istituzioni.
Oggi quasi nessuno osa mettersi nei panni dell’altro e comprendere come poter agire affinché la credibilità di cui si dispone o che si acquisisce dia vita a qualcosa di davvero vantaggioso. Davvero poche persone si sforzano di continuare a essere speranzose nei confronti degli altri, facendo al contempo qualcosa per essere giudicate credibili.
Anzi una forma di credibilità che viene accettata per come è e non per come dovrebbe essere, soprattutto dai giovani, è quella che da un decennio a questa parte dilaga sui social network, in cui chiunque sostiene di avere un talento e “influenza” così da essere seguito e apprezzato come modello di riferimento. Anche se la bellezza non è un talento, è semplicemente un dono.
In ambito giornalistico non si può non ricordare come spesso molte testate giornalistiche, per lo più orientate al mondo del gossip e degli scoop, finiscano per diffondere informazioni, foto, note audio falsi su personaggi del mondo dello spettacolo e non, in generale pubblici - i più esposti a questo tipo di avvenimenti- tanto da provocarne la perdita di credibilità quanto a scelte di vita, valori o impegno nel pubblico.
Pensiero del sottoscritto
Dunque, secondo il mio giudizio, la credibilità s’identifica con qualità non necessariamente intrinseche alla persona, perché assimilabili con l’esperienza del tempo, ma con valori comuni che dovrebbero, quasi in modo scontato, far parte di ognuno di noi, quali la lealtà, l’impegno civile al di sopra di ogni interesse personale, la caparbietà e l’inflessibilità dinanzi a scorciatoie buie per fuggire ostacoli, l’altruismo e la perseveranza, nutrita da un amore verso la propria professione e rispetto per quella altrui.
È altresì fondamentale non essere disposti a mutare il proprio temperamento o la propria visione del mondo solo perché esiste quello che definisco un “branco intellettuale”, soggetto alla monotonia delle mode, che sembra ricevere maggiore successo e consenso.
Tutto questo non deve essere però declamato invano, ma deve predisporre una partecipazione attiva e operativa tra le genti. Non poniamo attenzione a ciò che potremmo ricevere in cambio del nostro tempo speso (altro fattore cruciale di una società di consumi), ma agiamo in modo tale da essere noi ad ispirare fiducia e ad infondere sicurezza in chi ci guarda al fine di migliorare le sorti della collettività proprio con il credito che ci siamo costruiti con un impegno effettivo.
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