Con il termine “antipolitica” s’ intende l’atteggiamento di chi è ostile alla politica, alle sue logiche nonché ai partiti e agli esponenti politici in quanto dediti più ai loro interessi personali che al bene comune. Va specificato, però, che l’antipolitico non è contro la politica in sé e per sé ma piuttosto contro quei suoi rappresentanti che ne hanno determinato la degenerazione per corruzione, egoismo ed incapacità. Quindi in altri termini, l’antipolitica nasce per lo più dalla rabbia dell’elettorato per le promesse non mantenute dai politici e di conseguenza dal non riconoscersi più come cittadini di uno Stato che non ne cura gli interessi. Questo sentimento, diffuso oggi sempre più, oltre a manifestarsi in una crescente sfiducia nelle istituzioni, si esprime anche in un forte astensionismo elettorale per cui, ad esempio, si preferisce, come forma di protesta, non esprimere il proprio voto in caso di elezioni politiche a dimostrazione del malcontento nei confronti dello Stato. L’antipolitica, però, non deve essere confusa erroneamente con una sterile “critica dell’esistente”. Infatti, se da un lato essa è incentrata su un rapporto di opposizione nei confronti delle istituzioni vigenti, non è una negazione totale e radicale della politica nel suo complesso, ma contiene in sé i germi del rinnovamento e del rilancio delle istituzioni. Potremmo dunque dire che è essa stessa “politica”. Un esempio di ciò ci viene offerto dai movimenti di piazza che negli ultimi anni si sono susseguiti in molti Stati europei, come l’Italia e la Francia. “Scendere in piazza” significa appunto impegnarsi nella sfera pubblica e va considerata come una forma di politica vera e propria. Relativamente al nostro Paese è importante ricordare il “movimento delle sardine”, sorto a Bologna ad opera di Mattia Santori, come protesta nei confronti della campagna elettorale leghista di Matteo Salvini in vista delle elezioni amministrative in Emilia Romagna. Differenti le proteste sorte in Francia, come ad esempio quella del “movimento dei gilet gialli”, dove il livello di frustrazione dei cittadini è giunto ad un punto tale, a causa della rigidità delle istituzioni locali, da scadere in forme di violenza e vandalismo. Pur nascendo entrambe da una medesima insofferenza verso la politica, il movimento delle sardine è stato, sì, un movimento di protesta, ma con un approccio costruttivo e propositivo, in quanto si è proposto come elemento di ricostruzione e riforma della politica italiana.
È lecito, allora, domandarsi quale sia il modo corretto di partecipazione alla vita politica. Secondo la mia opinione, per poter apportare un significativo cambiamento nelle istituzioni odierne, cercando di contenerne i difetti, è necessario un forte interesse collettivo verso la società, in modo da poter contribuire tutti nel nostro piccolo al suo miglioramento.
È importante dunque, a tal proposito, far sentire la propria voce da cittadino partecipe, attraverso l’esercizio del diritto di voto che, per quanto mi riguarda, considero l’unico vero strumento di cambiamento effettivo finalizzato al raggiungimento del bene comune. Solo se noi tutti saremo più consapevoli dei nostri diritti e attivi nell’ esercitarli, si potrà costruire uno Stato migliore, aperto all’ascolto delle esigenze della collettività.
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