“Spiderman: No Way Home” è, in assoluto, uno dei più grandi capolavori della storia del cinema, una miscela di suspense e azione che ha stregato milioni di persone, giovani e non, in tutto il mondo. A suscitare la curiosità dello spettatore - nonché ciò che lo ha spinto a recarsi al cinema per vedere il film - è stato sicuramente il ritorno di vecchi, ma sempre giovani, volti che si sono uniti a quelli nuovi nella leggendaria lotta contro il male, nemico comune anch’esso interpretato da volti già noti ai fan della saga, mostri sacri del cinema americano quali Willem Dafoe (nei panni del malefico Green Goblin, alias Norman Osborn) e Alfred Molina (nei panni del brillante ma tormentato scienziato Otto Octavius).
Tema centrale del film è l’identità. Il giovane Peter Parker, una volta smascherato in tutti i sensi dal cattivo Mysterio alla fine del capitolo precedente, “Far from Home”, si ritrova a dover fare i conti con un’opinione pubblica sempre più spaccata sulla sua figura, con chi, da una parte, lo riconosce ancora come un eroe e chi dall’altra, invece, guarda a lui come fosse un criminale. Intenzionato a voler ricreare la propria immagine, decide di rivolgersi al famigerato Dottor Strange ma, involontariamente, finisce per imbattersi in una serie di disavventure che lo porteranno ad intraprendere un cammino alla ricerca di se stesso, grazie al quale, infine, apprenderà una lezione di vita molto importante: “Da una grande potere, derivano grandi responsabilità”.
Già. Responsabilità.
Quella stessa responsabilità che il mondo dei supereroi si assume nel cercare di dare lezioni di vita a ciascuno di noi: in genere, infatti, tendiamo nel nostro piccolo a rispecchiarci in questi eroi e a imparare da loro cosa significhi occuparsi degli altri, tendendo la mano a chi ne ha bisogno. Uomini come il giovane Parker, come Tony Stark, come Bruce Wayne e tanti altri, non sarebbero chi sono nella loro seconda vita se non avessero fatto delle scelte, uomini che hanno deciso di sacrificare tutto senza che nessuno glielo chiedesse, senza che ne potessero trarre nulla in cambio.
Messaggi significativi si possono trarre dalle storie del cinema poiché il cinema è comunicazione ed arte, e non solo dal coraggio dei nostri supereroi ma anche dalla crudeltà dei supercattivi.
Questi “villains”, così li chiamano infatti, spesso si rivelano essere le vere vittime della situazione e non carnefici come può sembrare: un insieme di dimenticati, di emarginati, di incompresi, gente che per una vita intera è stata trattata come fosse solo un ingombro nella società poiché la loro unica colpa era quella di essere “diversi” dalle persone comuni, gente che ha vissuto il peggio per colpa di una società di avidi, egoisti e superficiali che li ha spinti alla follia. Persone condannate ad indossare la maschera della malvagità, dietro la quale si cela nient’altro che sofferenza (Pirandello reference) e che commettono le più inimmaginabili cattiverie poiché non hanno più nulla da perdere.
L’eterna lotta fra il bene ed il male ha scritto e continuerà a scrivere intere pagine di storia e non si può rimanere indifferenti. Noi tutti, presto, ci ritroveremo ad indossare una maschera. Dipende tutto solo da noi, dalle nostre scelte.
“Sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità”.
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