LA GUERRA APPENA SCOPPIATA DA UN ALTRO PUNTO DI VISTA
In Ucraina si combatte da giorni un’ingiustificabile e violenta guerra, ormai lo sappiamo tutti. Di cause e conseguenze ne abbiamo già parlato, effetti e reazioni sono alla vista di tutti in queste ore, ma c’è un problema: nella narrazione dei Paesi occidentali, compresa l’Italia, è completamente assente un necessario atteggiamento autocritico. E’ comprensibile, ma non accettabile, se vogliamo avere la piena consapevolezza di ciò che sta accadendo in Europa orientale.
Il conflitto e il fallimento della diplomazia fa intendere che l’ordine costituito finora non è del tutto funzionale. Abbiamo commesso degli errori noi occidentali.
Il primo (concausa dell’odierno conflitto) è stato l’espansione della NATO ad est. All’indomani del collasso dell’URSS, molte nazioni dell’ex blocco sovietico hanno chiesto di entrare nella NATO. Fin qui tutto bene, ma l’errore è stato non modificare l’assetto strategico dell’Organizzazione; essa infatti è sempre rimasta un patto militare in funzione principalmente antirussa. Non proprio la scelta migliore se davvero volevamo pace e uguaglianza. Il Patto di Varsavia (corrispettivo sovietico della NATO) si è sciolto, la NATO non è cambiata di una virgola, ma ha spostato quel che era la cortina di ferro ai confini della Russia e le nostre armi li hanno circondati. Non possiamo ignorare questo fatto.
L’Occidente è anche responsabile di non aver preso una posizione netta di dissenso rispetto all’ingresso dell’Ucraina nella NATO ed Unione Europea: essa, che ci piaccia o no, non avrebbe mai potuto entrarvi, sia ufficialmente, dato che Kiev soffriva già conflitti territoriali che ne compromettevano la stabilità, sia tatticamente e ideologicamente, visto che sarebbe stato come presentarsi alla porta della Russia con i nostri eserciti e le nostre politiche. La mancata chiarezza e unità sull’argomento non ha fatto altro che aumentare la tensione e confermare la narrazione di Putin di un Occidente oppressivo e ingerente. Gliel’abbiamo servita su un piatto d’argento.
Tutto l’atteggiamento strategico delle scorse settimane è discutibile: la politica allarmista USA (secondo la quale la Russia era sempre sul punto di invadere), sebbene si sia alla fine rivelata veritiera, ha ottenuto principalmente l’effetto opposto; ci siamo distratti e non abbiamo notato i reali segnali di allarme. È un fatto che quasi tutti abbiamo creduto a Putin quando sbandierava il ritiro (mai avvenuto, ora lo sappiamo) delle sue truppe e quando ha riconosciuto le Repubbliche di Donesk e Lugans. Tutto ciò che il potente Occidente è riuscito a fare è stato imporre sanzioni su tali repubbliche bloccando ogni rapporto con esse, oltre che qualche misura contro alcuni politici russi e qualche banca. Vorrei sapere però quali rapporti potevano esserci con le due regioni più orientali di uno dei Paesi più poveri d’Europa, dilaniate da otto anni di guerra e isolate dal mondo. Forse doveva suonare come la presenza dell’Occidente, ma agli occhi di Putin è apparso più come l’abbandono definitivo dell’interesse nei confronti di quei territori e la conferma della nostra incapacità di incidere.
Un’altra colpa è quella di non essersi del tutto impegnati per dissipare la tensione fra i nostri due mondi: i Russi sono rimasti i nemici in qualsiasi campo possibile e di questo ne hanno sofferto, ora cercano rivincita. A speculare su questa divisione contribuisce l’arroganza di molti: non facciamo altro che sottolineare in ogni modo quanto siamo diversi e distanti dalla nazione russa e dai suoi abitanti; inoltre dopo 20 anni di Putin pretendiamo di sapere noi come ragionano i Russi e cosa ne pensano delle loro condizioni. Ed ancora, convinti dei nostri valori, abbiamo di nuovo sottovalutato Putin, la sua strategia e la sua determinazione.
Ricordiamoci anche dei famigerati oligarchi russi, le cui identità negli anni sono diventate sempre più misteriose, a dispetto della grande fama che gli si attribuisce. Così potenti da aver stabilito rapporti di influenze reciproche con Putin e lo Stato russo, ma non so quale oligarca possa realmente sostenere o pensare di trarre vantaggio da una guerra, in più combattuta quasi da soli. Forse dovremmo fare un po’ più di attenzione quando parliamo di tali individui. E soprattutto non so quale immagine possa dare ai Russi un Occidente nel quale questo o quel miliardario con un solo tweet possa far crollare titoli, borse e mercati o dove i negozi sono costretti a chiudere perché i governanti non hanno la forza di imporre limitazioni alla concorrenza dei colossi del web e dello shopping online, mentre non si esime dall'etichettare ogni imprenditore russo come “oligarca”. I nostri lobbisti e i nostri mafiosi non sono forse oligarchi?
Infine, la critica verso la Russia è del tutto giusta e necessaria, ma difficilmente può sortire un effetto concreto senza una riflessione su atti di aggressione simili operati dall’Occidente in Paesi come l’Iraq in primis, l’Afghanistan, la Libia, senza dimenticare i pesanti bombardamenti NATO sulla Serbia negli anni 90’ (privi per di più dell’autorizzazione delle Nazioni Unite). Su tali attacchi non è mai arrivato né un mea culpa né solo un chiaro riconoscimento. Con questo concludo rimarcando la nostra vicinanza ai civili ucraini e una chiara condanna dell’aggressione russa, ma anche esprimendo la necessità di una contestualizzazione di quanto sta accadendo e l’auspicio di un cambiamento di rotta nelle relazioni internazionali.
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