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Giulia Pilato

Pezzi di Storia

Presso il teatro Ariston della nostra città il giorno 10 dicembre è stata data la possibilità alle classi del nostro istituto, e non solo, di assistere alla rappresentazione teatrale “il ricordo che se ne ha”, allestita dall’Ente Luglio Musicale Trapanese.

È un’opera particolarmente sincera e affascinante che tratta della struggente nostalgia della Libia rimasta impressa in coloro che ne furono “cacciati” da Muammar Gheddafi.

Mariza D’Anna, oggi giornalista e scrittrice, è l’autrice di questa struggente narrazione in cui si avverte amore, nostalgia e rimpianti; lei che, non a caso, dopo essere stata esiliata da quella che reputava casa, sceglie di vivere a Trapani dove, se si leva il vento caldo dall’Africa, può sentirsi come a casa...

Ci sono vari aspetti che sicuramente hanno reso la rappresentazione emozionante e realistica più di quanto non fosse già: uno di questi è sicuramente stato dato dalla magica espressività della protagonista che ha usato molto spesso degli emblemi narrativi interessanti, come quando afferma che “avrebbe voluto tanto essere considerata figlia del mare”. Indubbiamente nella narrazione dei vari flashback è stato altrettanto efficace il supporto di immagini d’epoca, che sono riuscite, sullo sfondo della tecnica del “mise en espace”, a contestualizzare in maniera più immediata il periodo in cui ci si trovava e le condizioni sociali in cui si era costretti a vivere, così in poche righe.

Sicuramente quest’opera è risultata non solo particolarmente suggestiva a livello teatrale, ma anche e soprattutto formativa per noi giovani, nati e cresciuti a Trapani e finora ignari di cosa purtroppo moltissime persone furono costrette ad affrontare per poter salvare la propria pelle anche durante l’infanzia, in tenerissima età.


L’espressione della maggior parte dei ragazzi presenti al teatro, a conclusione dello spettacolo, tradiva emozione e stupore.

Credo proprio che ciò a cui abbiamo assistito ci abbia invitato - chi più chi meno - alla riflessione e al silenzio con noi stessi, così da cogliere il vero valore delle cose che non apprezziamo fino a quando non le perdiamo.

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