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Jacopo Triscari

MADRE D’EROE NON PIANGE



Non piango, no, non posso, so ben che tu non vuoi, o figlio mio. Alla tua morte il cuore impietrò sotto le bende nere, questo tacito cuor che adesso più non t’attende. Non si piange sui caduti eroi. Il tuo nome s’incavò nella memoria d'un popolo di cui se ne glorifica e che rende divino. Là cadesti, in una pozza di sangue mischiato figlio! Non piango, no. Questa è la gloria. Tante madri a quest’ora hanno il mio stesso cuore di pietra, e la mia faccia d’agonia!........ Tacciono. La Patria così volle, e così sia. O figlio, io ti creai colla mia stessa carne giovine, io ti allevia tra sospiri ed affanni, io ti nutrii con ogni bene, e la forza che per te mi mosse unica or regge le mie vecchie carni sciupate perché il destino volle così. Porto, grondanti sotto le mie afflizioni, le piaghe tue ora mie: pur io testa mozza e corpo rotolare mi sento nella pozza di sangue mischiato sulla sporca e maledetta terra di nessuno, e quel sangue fino a Dio si scaglia e l'animo chiede umilmente perdono. Ogni figlio morto anche la madre, in me agonizzo e in te. Ma lacrime non ho, tu non le vuoi. Passa la guerra, e i giovani eroi nella raffica invola, ed il perché non dice a noi, distrutte e pallide madri. Passa e prende. A rullo di tamburo, a squillo di tromba, all’ombra ardente del vessillo, a ritmo d’inni e di mitraglia, ammassa e lancia incontro alla morte i figli nostri, ove in un sol folgore han vita e morte: Attente vegliammo noi per questa sorte le culle d’oro e gli umili giacigli da Dio preparati. Fasciati di silenzio, animo distrutto, bocca pia, cuor demente: non invoco Iddio, che Iddio non sente: così volle la Patria. E così sia. Che altro io potrei darti, o mia Patria grande? ... Vuota è la casa ma Madre d’eroe non piange. A volte al mio povero volto, il respir manca, tende, ed il labbro il sangue a goccia a goccia sgorga dalla ferita che s’incava nelle profonde viscere, e ne scava e tortura la vita; un dolore fortissimo, non si può definire. Sbrandella e lacera le carni, riapre e aggiunge a me nuove ferite ma singhiozzar con disperata voce sul figlio gloriosamente morto, non sarà chi l’oda: sta, di fronte alla gloria, che l’inchioda al suo materno amor come a una croce. Mentre pronuncio queste parole un brivido gelido mi scorre sulla schiena pensando ancora a tutte le madri che sono state e che saranno lasciate come me dai loro figli. La tua morte o figlio sarà una sola separazione carnale, perché ascoltando con l'anima mia, ti sentirò vicino, esisterai come esisto io. Porto su di me le cicatrici come se fossero medaglie, anche nel dolore un decoro. Ma no non piangerò, perché una lacrima pesa, ma mai quanto un ricordo. Ma perché vivere se bisogna soffrire? Adesso la vita fa male più della morte, soffrire vuol dire vivere. Le lacrime non sono espresse dal dolore, ma dalla storia. Come questa pietra è il mio pianto che non si vede.



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