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  • Marta Occhipinti

L’IDENTITÀ DEGLI ABITI

Il crossdressing è l’abitudine di indossare abiti del sesso opposto in un contesto socio-culturale, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale. Vediamo sempre più crossdresser tra le strade delle grandi città, come Mark Bryan -ingegnere robotico a Berlino con moglie e figli che cerca di combattere gli stereotipi- o il caso italiano di Stefano Ferri. Semplicemente qualcuno che al di là di qualunque etichetta si sente a proprio agio con addosso una gonna di tulle o un vestito di paillettes.



Questo è diventato un mezzo per esprimere il proprio essere e le proprie emozioni, in quanto permette di giocare liberamente con i colori, con differenti tipologie di capi, ma anche con accessori, make-up, acconciature.



Per quanto quest’abitudine possa essere considerata una novità, per la poca diffusione in tutto il pianeta, ha origini antichissime: si possono trovare infatti tracce di esso anche nella Bibbia, anche se con notazioni negative.




Nonostante i pregiudizi e la diffidenza, si può trovare con molta facilità. Esempio lampante ce lo troviamo sin da bambini: la famosissima Lady Oscar, anche se obbligata dal padre ad assumere vesti maschili, o La Principessa Zaffiro, protagonista manga.



Ma non c’è bisogno di andare in mondi fantastici per trovare persone che hanno il coraggi di esprimere loro stessi col vestiario. Sempre più diffusi sono le “Drag Queen” o i “Drag King”. Ma è anche abbastanza normale osservare una donna che giornalmente, per una semplice passeggiata o per andare a lavoro indossa abiti maschili.

Perché è così difficile immaginare un uomo che fa lo stesso?


La verità è che, per quanto la società si stia evolvendo verso queste nuove tipologie di espressione, non siamo abbastanza avanti per vedere un uomo con una gonna passeggiarci accanto senza guardarlo attoniti.

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